Chi ha aperto lo sportello del freezer?

Gli sforzi divulgativi sui cambiamenti climatici si scontrano con molteplici e diversificati ostacoli, che concorrono a spiegare come è stato possibile giungere ad una situazione di tale gravità senza che la comunità internazionale sia riuscita a trovare l’energia per cambiare traiettoria allo sviluppo economico mondiale. Il primo e più evidente problema è stato ed è tuttora la non immediatezza della relazione causa-effetto fra emissioni di gas serra e riscaldamento globale. La piena comprensione del meccanismo richiede infatti nozioni di carattere scientifico che molti non hanno, così come richiede di accettare l’idea – che appare inconcepibile a molti – che le modificazioni di un sistema naturale così imprevedibile ed apparentemente insondabile come il clima possano essere originate dall’attività umana.

Ma i problemi che si incontrano nel comunicare la drammaticità del problema e l’urgenza dell’azione hanno spesso banalmente a che fare con l’apparente contrasto fra situazioni metereologiche contingenti e la narrazione di un clima che si va progressivamente riscaldando. Premesso che per la grande maggioranza delle persone il caldo, purché non sia estremo, è molto meglio tollerato del freddo, e che al caldo si associano le agognate vacanze estive mentre il freddo si collega mentalmente con la lunga e pesante stagione lavorativa, parlare delle minacce del Global Warming quando le temperature del luogo in cui si vive non superano le medie stagionali, o peggio quando sono più basse, fa oggettivamente meno presa, tanto che qualcuno può essere tatticamente tentato di evitare di affrontare l’argomento in una tale situazione. Eppure anche in questi casi è possibile, anzi è necessario, mettere in guardia l’inconsapevole uomo della strada contro gli immani rischi legati ai cambiamenti climatici. Come?

Parliamo ad esempio del brusco calo delle temperature IMG_2647occorso nell’ultima decade di aprile in molte zone d’Italia. Se mi limitassi a riferire che alle 9:00 del 26 aprile nella mia città, Frosinone, situata al 41° parallelo, si registrava una temperatura di 3°C, si potrebbe solo commentare che si tratta di un valore piuttosto basso per il periodo. Ma se aggiungessi che nello stesso momento a Nuuk, principale centro della Groenlandia, 64° parallelo, quando il sole doveva ancora sorgere (ci sono 4 ore di differenza nel fuso orario), la temperatura era di un grado più alta che a Frosinone, cosa dovremmo dedurne? Beh, certamente non mancherà qualche faccia tosta, negazionista climatico per partito preso, che potrebbe commentare “in Italia fa più freddo che al Polo Nord”, ma i più, credo, darebbero decisamente maggior risalto alla temperatura elevata registrata a Nuuk (dove la T minima media in aprile è di -10°C).

Naturalmente, confrontando due valori puntiformi a caso di temperatura di due località qualunque nel globo potremmo argomentare tutto e il suo contrario. Quanto descritto per Nuuk non è però un evento isolato, ed il caldo incredibilmente anomalo verificatosi nell’Artico in questo inverno merita di essere commentato, poiché rappresenta una delle modalità più preoccupanti con cui si stanno manifestando i cambiamenti climatici.

Per capirne di più dobbiamo parlare della corrente a getto (jet stream) situata nel fronte polare, un flusso d’aria che scorre velocemente da ovest verso est circumnavigando la Terra negli alti strati dell’atmosfera, delimitando aree con elevato gradiente termico. La velocità del vento è tanto maggiore quanto più alta è la differenza di temperatura fra le zone che delimita. La corrente a getto ha normalmente l’aspetto di un’onda sinusoidale che causa naturalmente periodici afflussi di aria polare a latitudini più basse e afflussi di aria più calda verso nord. Ebbene, poiché l’Artico si sta riscaldando più velocemente che il resto del pianeta, il gradiente termico fra il Polo Nord e l’Equatore si va riducendo, indebolendo in tal modo la corrente a getto. Ciò determina a sua volta un andamento più irregolare del jet stream del fronte polare, le cui onde si insinuano con sempre maggior frequenza in zone prima “poco frequentate” arrivando talvolta fino ad inglobare la corrente a getto subtropicale che scorre a latitudini ben più basse. Ciò che è accaduto nei giorni scorsi è dunque un massiccio ingresso di aria calda verso l’Artico accompagnato da una parallela “espulsione” di aria fredda dall’Artico verso le zone temperate, mostrando come il cambiamento climatico è caratterizzato non solo da un aumento della temperatura media globale, ma anche da un’aumentata frequenza di condizioni metereologiche estreme, freddo incluso.

Prendendo a prestito l’efficace espressione di Sam Carana, è come se qualcuno avesse lasciato aperto lo sportello del freezer. Va da sé che in questo modo si assisterà a rimescolamenti ancora maggiori di aria a diversa temperatura, che ridurranno ancora di più il gradiente termico fra Polo Nord e zone tropicali, innescando un circolo vizioso che con il progredire dello scioglimento del ghiaccio artico non farà altro che amplificare ulteriormente il riscaldamento globale, attraverso uno dei tanti feedback positivi che ci avvicinano sempre più pericolosamente al punto di non ritorno, oltre il quale ogni azione umana sarà vana.

Dunque, non smettiamo di parlare di cambiamenti climatici quando fa freddo, e ricordiamo sempre che per ogni episodio di temperature sotto la media ce ne sono molti di più con temperature sopra la media. E non dimentichiamo, quando ci lamentiamo del freddo, che la colpa è di chi ha lasciato aperto lo sportello del freezer!

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