La buccia della Terra (Fotoni)

La presenza umana, seppure estremamente contenuta, era quasi d’intralcio ad Anchorage. Le strade della città pullulavano di robot di ogni foggia e dimensione; fra di essi, molti androidi, perlopiù con avvenenti fattezze femminili, dichiaratamente messi lì per rendere l’ambiente urbano più umanizzato e gradevole alla vista.

Grazie alla presenza della gigantesca server farm – alias Superbrain – cresciuta a dismisura nei cento anni precedenti, il capoluogo dell’Alaska era divenuto un centro nevralgico per la civiltà dei Siliron, crocevia delle competenze tecniche ed informatiche più avanzate. Le infrastrutture elettroniche, i server, i cavi, le connessioni e l’infinità di diavolerie che avevano contribuito a creare quel mostruoso cervello che tutto conosceva e tutto (o quasi) poteva, necessitavano di manutenzione continua, possibile solo con sforzi immani e immani risorse. Continua a leggere

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La buccia della Terra (Etere)

Per Dolores il jazz era come una droga. Era da quando aveva otto anni che i neuroni della sua corteccia cerebrale si inebriavano delle armoniose dissonanze e dei ritmi incalzanti che nessun altro genere musicale sa offrire. Quando chiudeva gli occhi e con le sue cuffie ascoltava i grandi classici del bebop o gli elaborati riarrangiamenti degli standard più celebri, era come se si tuffasse in un etereo universo parallelo, una sorta di paradiso ante litteram che escludeva tutto e tutti dalla sua sfera sensoriale. Continua a leggere

La buccia della Terra (Ferro)

Alle prime luci dell’alba, migliaia di automi invasero le strade di Detroit pattinando sicuri sulle loro rotelle basculanti. Incuranti del paesaggio post-apocalittico che si spalancava dinanzi ai loro occhi laser, i robot si diressero speditamente verso il luogo di raccolta. Da quando i suoi abitanti umani erano fuggiti via in cerca di cibo e risorse, la città deserta era avvolta dal silenzio, rotto di tanto in tanto dal cigolio degli infissi arrugginiti sbattuti dal vento, dallo squittire di roditori affamati o dal miagolio sinistro di gatti rinselvatichiti dall’aspetto spettrale. Ad un osservatore immaginario, l’ingresso dei robot in città avrebbe potuto richiamare alla mente le truppe trionfatrici di guerre passate nell’atto di prendere simbolicamente possesso di un centro nevralgico del territorio conteso. Ma non c’erano bandiere sventolanti né grida di giubilo ad attendere i robot quella mattina, e la quiete surreale dominante era solo leggermente scalfita da quella inedita invasione. Continua a leggere

La buccia della Terra (Prologo)

“Da qui, messere, si domina la valle

ciò che si vede, è.

Ma se l’imago è scarna al vostro occhio

scendiamo a rimirarla da più in basso

e planeremo in un galoppo alato

entro il cratere ove gorgoglia il tempo”

In volo, Banco del Mutuo Soccorso

Se è vero che tutto ciò che si vede, e quindi è, è già stato detto, scritto e raccontato, tanto vale avventurarsi nelle terre ancora non del tutto esplorate del non è, o del non è ancora, o finanche del non sarà mai. Perché anche se alcune tessere del puzzle del futuro possono già essere facilmente incasellate, l’immagine femminea che apparirà quando il sarà potrà essere declinato al presente e il tempo cesserà di gorgogliare è oggi irrimediabilmente scarna, se non del tutto indecifrabile.

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