Chi non ricorda il buco dell’ozono? Oggi è un tema desaparecido dal dibattito politico e dai media, ma negli anni ’80 era sulla bocca di tutti come la più nota delle minacce all’ambiente globale, molto di più del riscaldamento globale che solo negli anni a venire sarebbe stato riconosciuto come il problema dei problemi per il futuro del genere umano. La deplezione dell’ozono stratosferico, scoperta negli anni ’70, destò l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale in tutto il decennio successivo. L’assottigliamento dello strato di ozono comporta, come ci veniva spiegato in quegli anni ruggenti che trasudavano ottimismo da tutti i pori, un aumento delle radiazioni nocive UV-B che raggiungono la superficie terrestre e una conseguente maggiore incidenza di tumori della pelle e cataratta, oltre ad una serie di effetti dannosi sull’ecosistema. I clorofluorocarburi (CFC), gas di sintesi impiegati come refrigeranti e come propellenti negli spray e nelle schiume, furono presto messi sul banco degli imputati quali principali responsabili del problema. Col senno del poi, si può dire che filò tutto liscio: gli scienziati lanciarono l’allarme, l’ONU intervenne, finché nel 1987 il Protocollo di Montreal mise al bando i gas ‘nemici dell’ozono’, la cui produzione infatti declinò rapidamente negli anni successivi. Dunque, problema risolto e avanti tutta, the show must go on!
Sembra in realtà una storia a lieto fine, che molti ritengono essere un esempio da seguire per la comunità internazionale alle prese con la drammatica sfida dei cambiamenti climatici. In effetti, i governi mondiali furono all’epoca in grado di comprendere il problema e agire di conseguenza e con determinazione. Ma… ci siamo chiesti che fine ha fatto da allora il buco dell’ozono? Beh, che domande, se è stata eliminata la causa, anche l’effetto sarà venuto meno, giusto? Continua a leggere →