E il Galletti cantò

Chiedereste al vostro commercialista come differenziare i rifiuti, quale sistema di riscaldamento domestico impiegare, come rendere più verde il vostro giardino o cosa fare per ridurre l’inquinamento generato dai vostri spostamenti? Ovviamente no, e se lo faceste credo che l’interessato nutrirebbe seri dubbi sulla vostra salute mentale. Nel qual caso dovreste però rassicurarlo, ricordandogli che in Italia la carica politica investita dell’autorità di governare i drammatici problemi ambientali di cui soffre il nostro Paese è, giustappunto, un commercialista.

Stiamo parlando dell’On. Gian Luca Galletti (non scrivete Gianluca tutt’attaccato, ché potrebbe arrabbiarsi), Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel Governo Renzi, ex UdC, considerato uomo di Pierferdy Casini, bolognese come lui. Va bè, ma che c’è di male se un Dottore-Commercialista-e-Revisore-Ufficiale-dei-Conti si occupa di ambiente? In principio nulla, ma ci si aspetterebbe almeno che nel suo curriculum si trovino quantomeno indizi che indichino che costui abbia qualche competenza in materia, o che vanti una particolare sensibilità per i temi ambientali. E invece niente: la lettura del profilo del Ministro riportata nel sito MinAmbiente non lascia alcuna speranza su questo, nulla di nulla nel suo passato di peone che profumi almeno lontanamente di natura. Quel posto Galletti l’ha ottenuto sulla base del Manuale Cencelli per evidenti ragioni di equilibri politici, e poi perché nessun ministro di spessore doveva far ombra a Renzi, meno che mai un potenziale rompiscatole come magari sarebbe stato qualche esponente della galassia ambientalista. Continua a leggere

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INDC (Importa Niente Del Clima?)

Quasi tutti gli studenti hanno diligentemente svolto i compiti a casa; non sembrano per la verità molto preoccupati del voto che riceveranno, anche perché il professore che li ha assegnati non è affatto severo, anzi sembra più un arbitro che un insegnante, e per di più non sarà lui a mettere i voti e a determinare la promozione o la bocciatura a fine anno, bensì i futuri alunni della scuola. Il tema da sviluppare, inoltre, era piuttosto vago e dava agli svogliati studenti ampia libertà di impostare lo svolgimento secondo i gusti di ciascuno, incoraggiando una prosa accattivante ma vacua e consentendo persino che si truccassero un po’ le carte allo scopo di fare bella figura sui lettori.

Stiamo parlando, come avrete capito, di una classe decisamente fuori dal normale, dove il professore si chiama UNFCCC (la Convenzione dell’ONU sui cambiamento climatici), gli studenti sono “le Parti”, cioè le nazioni, e il compito assegnato è l’INDC, che sta per Intended Nationally Determined Contribution, ovvero l’insieme delle misure che, in vista dell’ormai imminente Conferenza di Parigi, gli stati intendono volontariamente adottare per mitigare i cambiamenti climatici e contenere l’aumento della temperatura entro 2°C. Continua a leggere

Aiuto, il cane a sei zampe emette gas!

Diciamolo subito forte e chiaro, a scanso di equivoci: la fortunosa scoperta Eni annunciata domenica di un nuovo mega-giacimento di gas al largo delle coste egiziane NON E’ una buona notizia. Ogni giacimento di combustibili fossili in più che viene scoperto rappresenta una speranza in meno di riuscire nell’impresa già di per sé improba di contenere efficacemente il riscaldamento globale. Perché una volta estratto, quel gas verrà bruciato e pomperà in atmosfera altri miliardi di tonnellate di CO2. E l’atmosfera, purtroppo, è indifferente alla provenienza della CO2 o alle capacità tecniche dell’azienda che ha permesso di produrla.

Gli annunci trionfalistici dell’AD Descalzi e del suo azionista di riferimento Renzi sono davvero indigeribili, perché il più grande errore che si può fare oggi nel commentare una scoperta come questa è proprio quello di inquadrarla esclusivamente in una ristretta ottica italocentrica, blaterando sui vantaggi che essa apporterebbe al Paese. I vantaggi immediati, in realtà, li avranno solo gli speculatori di borsa e gli azionisti Eni: il titolo è infatti ieri schizzato in alto, complice il tono furbamente altisonante del comunicato Eni riguardo alla asserita eccezionalità della scoperta. Per quanto riguarda i benefici a breve-medio termine, li avrà forse l’economia egiziana, sempreché non si scateni nel frattempo una guerra nel Mediterraneo per il controllo delle risorse. Di vantaggi reali a lungo termine per chi dopo di noi erediterà la Terra, francamente non ne vedo. A meno che…

A meno che si provi a ragionare in termini di contenimento del danno globale e soprattutto di sostituzione di future emissioni a maggior tenore climalterante con quelle che scaturiranno dallo sfruttamento del nuovo giacimento, in una prospettiva comunque orientata ad accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili.

Indubbiamente, la scelta strategica e comunicativa di Eni di puntare sempre di più sul gas naturale rispetto al petrolio è astuta e intelligente dal punto di vista imprenditoriale e di immagine. Come è noto, a parità di energia prodotta il gas emette meno CO2 rispetto al petrolio; il gas, inoltre, ha una facciata di fonte energetica pulita che il petrolio non ha. Dall’uomo della strada il metano è visto come un combustibile non inquinante, perché le sue emissioni non danno cattivo odore e non apportano particolato, sfuggendo quindi alla comune percezione dell’inquinamento come qualcosa di afferrabile dai nostri sensi. E’ ad ogni modo innegabile che, mettendo petrolio e gas sul piatto della bilancia, il secondo presenta una serie di vantaggi, come è altresì vero che, a certe condizioni, il gas può giocare un ruolo nella transizione verso un’economia decarbonizzata.

Diciamo allora che, se venissero confermate le imponenti dimensioni delle riserve contenute nel giacimento, per poter considerare positivamente questa scoperta occorrerebbe fare in modo che, grazie a questo gas, altre riserve di idrocarburi più inquinanti possano rimanere sotto terra, così che il bilancio complessivo viri significativamente verso una consistente riduzione delle emissioni di gas serra. In assenza di un’autorità mondiale in grado di regolare l’attività estrattiva, questo obiettivo dovrebbe essere realizzato mediante l’adozione di adeguate strategie energetiche da parte dei paesi utilizzatori. Ad esempio, ipotizzando che una parte significativa del gas estratto venga destinata al mercato italiano (cosa tutt’altro che certa, data l’inesistenza di gasdotti che collegano l’Egitto con la sponda nord del Mediterraneo), il nostro governo dovrebbe ripensare immediatamente la sua politica energetica in accordo a chiare linee guida, che proverei a sintetizzare così: 1) immediato stop ai controversi progetti estrattivi in corso di autorizzazione nei mari italiani e in Basilicata; 2) chiusura delle centrali elettriche a carbone ancora operanti o loro riconversione a gas; 3) uso della leva fiscale per incentivare l’impiego del metano per autotrazione in luogo di benzina e gasolio; 4) agevolazioni per l’installazione di impianti di cogenerazione a gas. Il tutto, ovviamente, accompagnato da un forte impulso all’efficienza energetica e alla diffusione delle fonti rinnovabili nell’ambito della ridefinizione di target per le emissioni di gas serra di gran lunga più ambiziosi degli attuali.

Ma non basta. L’Italia e l’Egitto hanno il dovere di obbligare l’Eni a stringenti misure di sicurezza in grado di evitare incidenti (queste installazioni sono ad elevato rischio di esplosioni), nonché ad una rigorosa e verificabile azione di minimizzazione delle fuoriuscite di metano (che come noto è esso stesso un potentissimo gas serra) durante le fasi di esplorazione e messa in produzione del giacimento, pena il possibile azzeramento del vantaggio del gas rispetto a carbone e petrolio in termini di emissioni climalteranti complessive.

Ho esagerato con i se e i ma? E’ probabile. Anzi, ho sicuramente esagerato se guardiamo agli interlocutori che dovrebbero tradurre tutti i se e i ma in politiche virtuose e lungimiranti e ad un intero sistema politico-economico-finanziario che va in tutt’altra direzione rispetto a quanto sarebbe necessario. E allora, forse è il caso di ribadirlo: la scoperta del nuovo giacimento in Egitto NON E’ una buona notizia!