Chiunque in questi giorni drammatici abbia dato un’occhiata alla mappa sismica dell’Italia, con quella minacciosa striscia violacea che corre lungo la dorsale appenninica come un brivido lungo la schiena, si sarà chiesto come è stato possibile rimanere collettivamente per decenni con le braccia conserte ad aspettare il prossimo terremoto e contare le sue vittime anziché rimboccarsi le maniche e riqualificare il patrimonio edilizio delle aree a rischio per dotarlo delle caratteristiche antisismiche necessarie ad evitare il ripetersi di simili tragedie.
Perché nel Belpaese non si riesce mai a tradurre in fatti concreti la parola prevenzione, di cui pure ci riempiamo la bocca dopo ogni evento emergenziale? Colpa della malapolitica e del malaffare dilagante, certo, ma sarebbe ingeneroso gettare la croce unicamente addosso all’amministratore locale di turno, ai governi nazionali o agli imprenditori edili. Il fatto è che mentre tutti a parole concordano con il banale vecchio saggio mutuato dalla medicina ‘prevenire è meglio che curare’, nel nostro agire quotidiano si tende quasi invariabilmente a comportarci in maniera opposta, guardando all’hic et nunc invece di pensare ad assicurarci dai rischi che il futuro ci riserva anche in base ad un semplice calcolo delle probabilità. Continua a leggere