Su la testa, giù il petrolio!

Se una testata internazionale autorevole come The Guardian (non esattamente l’house organ di gruppi eco-fondamentalisti) decide di metterci la faccia lanciando una campagna ambiziosa dall’eloquente titolo Keep it in the ground, è segno che il livello della sfida si è alzato come mai prima d’ora. Ormai, lo scontro non è più fra una minoranza di ambientalisti catastrofisti e un’opinione pubblica che crede come due secoli fa alle ‘magnifiche sorti e progressive’ dell’umanità. Il conflitto è oggi fra chi (ambientalista o meno) ascolta il grido d’allarme lanciato dalla comunità scientifica sulla minaccia posta dai cambiamenti climatici e intende agire per evitare la catastrofe, e chi – mosso da interessi di corto respiro o semplicemente da miopia e ignoranza – insiste nel perseguire un modello di sviluppo insostenibile.

La campagna Keep it in the ground prende le mosse da un ragionamento che anche un bambino capirebbe: se è vero che per contenere l’aumento della temperatura media del pianeta di 2°C – al di sopra del quale i rischi per il genere umano e per la biosfera sarebbero troppo elevati – possiamo permetterci di bruciare solo una piccola parte delle riserve oggi accertate di carbone, petrolio e gas naturale, perché continuare ad investire risorse preziose per esplorazioni di nuovi giacimenti di combustibili fossili e non decidere finalmente di smetterla di trivellare il sottosuolo e investire massicciamente sulle fonti rinnovabili?

A questa domanda, politicamente parlando, se ne accompagna un’altra altrettanto rivelatrice degli enormi interessi in gioco: come mai, in più di venti anni di negoziati internazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra, si è solo discusso se e in che misura ridurre l’uso dei combustibili fossili mentre mai è stata neanche ventilata la possibilità di contenerne la produzione? A nessuno dei negoziatori è mai venuto in mente che, una volta estratte, quelle riserve verrebbero prima o poi usate?

La risposta a queste semplici domande ha un nome e cognome: si chiama lobby dei combustibili fossili, ovvero BP, Chevron, Exxon, Gazprom, Shell, Total, ecc. (fra i primi in graduatoria a livello mondiale c’è anche l’italianissima ENI… ma di questo parleremo un’altra volta). Non sorprende nessuno che questa potentissima lobby abbia potuto efficacemente contrastare i tentativi dell’ONU, peraltro finora piuttosto timidi, di contenere le emissioni di CO2. Non sorprende neanche, ma indigna, che i governi mondiali (con poche eccezioni) abbiano finora supinamente accondisceso le pretese di Big Oil favorendone la crescita, sotto la minaccia neanche tanto velata del collasso economico che deriverebbe da un insufficiente approvvigionamento energetico.

Contro avversari di tal fatta, che conoscono il gioco sporco come sporco è ciò che estraggono, nessuno si illude che sarà una passeggiata. La sfida è dura, di quelle che fanno tremare i polsi, ma come è noto, quando il gioco si fa duro, si sa cosa i duri sanno fare!

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Entropia, entropia, per ineluttabile che tu sia…

Il secondo principio della termodinamica, se ci si sforza di comprenderlo per le implicazioni che ha nelle dinamiche del mondo naturale (e non solo di quello) è una di quelle leggi della scienza che può farti cambiare il modo di vedere le cose. Ricordo che, quando da studente universitario ci fu spiegato durante uno dei corsi di fisica che ho frequentato, rimasi un po’ turbato. Venire a sapere che l’energia utile si trasforma prima o poi in calore, utile tutt’al più a scaldare le nostre case nella stagione invernale salvo poi dileguarsi all’esterno, sinceramente lascia interdetti, verrebbe quasi voglia di ribellarsi. Dover accettare poi l’idea che l’entropia, cioè in parole semplici la misura del disordine, o peggio del caos, globalmente non può che aumentare, è qualcosa che, se si è già depressi, potrebbe finanche portare al suicidio.

Avendo accettato l’ineluttabilità delle leggi della fisica e avendo compreso in particolare il fatidico secondo principio della termodinamica, come si può dubitare che la Terra si stia progressivamente riscaldando? L’energia prodotta in più di due secoli bruciando milioni di tonnellate di combustibili fossili ha solo apparentemente diminuito il caos favorendo lo sviluppo delle società industriali e migliorando le condizioni di vita della popolazione (non di tutti, per la verità), perché contemporaneamente ha determinato l’immissione nell’atmosfera di così tanto calore, chimicamente immagazzinato nella CO2 prodotta dalla combustione, da modificare il clima del pianeta. E del resto quello che è accaduto non è uno scherzo, se ha potuto portare a modificare la stessa composizione chimica dell’atmosfera, facendo aumentare la concentrazione di CO2 dalle 280 parti per milione (ppm) dell’era preindustriale alle attuali 400ppm.

In questo scenario decisamente deprimente, verrebbe da dire: meno male che il Sole c’è! La chiave per cercare di mettere le cose un po’ in ordine, anzi pardon, un po’ meno in disordine, è infatti, per fortuna, la nostra stella, decisamente la nostra buona stella!

A volte ritornano…

Si può essere ambientalisti in tanti modi. Si possono avere tante diverse sensibilità e competenze, tanti modi di comunicare e di relazionarsi con l’altro da sé. Naturalmente, tutto e tutti possono concorrere a far crescere la consapevolezza dei problemi ambientali e a stimolare un dibattito. Per quanto mi riguarda, credo semplicemente che alcuni temi di importanza cruciale per tutti noi non siano sufficientemente divulgati e discussi sui media e sul web, perlomeno non in lingua italiana. Questo blog nasce quindi, oltre che dal mio trascorso ambientalista (non più militante da vent’anni ma, si sa, anche gli ambientalisti “a volte ritornano”), dal rinnovato profondo interesse per la questione dei cambiamenti climatici e dalla constatazione che c’è ancora un vistoso gap fra gli allarmi lanciati dalla comunità scientifica e le azioni dei governi e di tutti noi. In Italia, poi, siamo penalizzati da un lato da una scarsa cultura scientifica di massa, e dall’altro da un dibattito politico che da troppi anni ha relegato le grandi questioni ambientali ai margini. Nei post che seguiranno vorrei perciò cercare, molto modestamente, di dare un po’ di risonanza alle questioni ambientali globali e in particolare al problema delle fonti energetiche, su cui c’è davvero tanto da dire e da ragionare! A scanso di equivoci, preciso sin da ora di non essere professionalmente interessato ai temi che verranno trattati, ma di avere solo la molla che nasce da una genuina passione. Spero davvero molto di poter contare sul contributo di chi vorrà accompagnarmi in questa piccola ma (per me) emozionante avventura! Stefano Ceccarelli