La buccia della Terra (Ferro)

Alle prime luci dell’alba, migliaia di automi invasero le strade di Detroit pattinando sicuri sulle loro rotelle basculanti. Incuranti del paesaggio post-apocalittico che si spalancava dinanzi ai loro occhi laser, i robot si diressero speditamente verso il luogo di raccolta. Da quando i suoi abitanti umani erano fuggiti via in cerca di cibo e risorse, la città deserta era avvolta dal silenzio, rotto di tanto in tanto dal cigolio degli infissi arrugginiti sbattuti dal vento, dallo squittire di roditori affamati o dal miagolio sinistro di gatti rinselvatichiti dall’aspetto spettrale. Ad un osservatore immaginario, l’ingresso dei robot in città avrebbe potuto richiamare alla mente le truppe trionfatrici di guerre passate nell’atto di prendere simbolicamente possesso di un centro nevralgico del territorio conteso. Ma non c’erano bandiere sventolanti né grida di giubilo ad attendere i robot quella mattina, e la quiete surreale dominante era solo leggermente scalfita da quella inedita invasione.

Giunti nel luogo prestabilito, gli automi umanoidi si fermarono, in ordine solo apparentemente sparso, in attesa del via libera da parte di Superbrain, il supercalcolatore remoto. Il segnale traghettato via etere dalle onde radio non tardò ad arrivare, annunciato dal tremolio intermittente di un’infinità di led multicolori. Come al culmine di una gravidanza isterica collettiva, dei piccoli robot esapodi simili a ragni fuoriuscirono dagli addomi panciuti degli automi, dirigendosi ballonzolando ciascuno verso la destinazione programmata.

Era trascorso poco più di un mese dal completamento della prima fase dell’operazione BackMetal, la più facile. Migliaia di tonnellate di acciaio, alluminio, rame, piombo ed altri metalli erano state recuperate con una sapiente operazione di smantellamento dei vecchi siti industriali situati nelle periferie di quella che una volta era una delle più prospere metropoli americane. La fame di materie prime della civiltà degli automi in tumultuosa crescita richiedeva che fossero messi in pratica i principi dell’economia circolare che gli umani avevano teorizzato molti decenni prima senza però andare oltre un livello di attuazione poco più che pionieristico.

La colonizzazione della Terra da parte dei Siliron – contrazione di Silicon e Iron, tanto per ricordare gli elementi chimici alla base del loro successo – passava per la costruzione di un gran numero di individui delle infinite sottospecie, antropomorfe e non, dei nuovi dominatori del mondo: c’era dunque bisogno di tanto, tantissimo acciaio e di cospicue quantità di ciascuno degli elementi metallici dispensati dalla tavola periodica, che le obsolete miniere a cielo aperto non potevano più fornire dopo essere state depredate a mani basse e poi una dopo l’altra abbandonate con l’esaurimento dei filoni.

L’obiettivo della prima fase dell’operazione era stato quello di recuperare il ferro, l’alluminio e gli altri metalli più comuni, che costituivano l’esoscheletro dei robot: oltre alle fabbriche dismesse, l’attenzione di Superbrain si era concentrata sul vasto parco auto corroso dalla ruggine, gli aeroplani, i container, i mega-parchi di divertimenti, le scaffalature dei centri commerciali e quant’altro potesse fornire quegli elementi in abbondanza.

Il riciclo dei metalli più nobili e rari, oggetto della seconda fase dell’operazione, si dimostrò invece un obiettivo più complesso, che richiese alcune settimane di elaborazione dati da parte di Superbrain. La strategia individuata dal cervellone fu infine quella di far irrompere una schiera di robot operai nelle abitazioni lasciate incustodite dalle famiglie che avevano abbandonato le città, prelevare i dispositivi elettronici già usati dai suoi occupanti, disassemblarli, analizzarne il contenuto e recuperare i microcomponenti ricchi di metalli rari. In effetti non era quasi mai necessario separare i singoli elementi allo stato puro (operazione peraltro che avrebbe richiesto processi chimico-fisici complessi ed energivori), poiché la maggior parte dei componenti di microelettronica di cui erano costituiti i computer, gli smartphone, i tablets e tutti i dispositivi che ai bei tempi erano il fiore all’occhiello della civiltà umana potevano essere impiegati tal quali nei circuiti degli automi tecnologicamente meno avanzati.

Tutto sommato – sembrò pensare sarcastico Superbrain facendo finta di dimenticare le sue vere origini – non tutto ciò che era stato concepito dagli umani era poi così malaccio.

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La buccia della Terra è disponibile in formato eBook e in versione cartacea. E’ possibile acquistarlo da questa pagina del sito IlMioLibro.it. La sinossi e le recensioni sono state pubblicate sulla pagina dedicata del blog.

Il Prologo del racconto è disponibile a questo link.

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